giovedì 19 maggio 2016

Così la banca può pignorare o vendere la casa del debitore

Fonte:  laleggepertutti.it


Il decreto legge “Salva Banche”, approvato dal Governo a inizio mese, che consente agli istituti di credito di espropriare o mettere all’asta e vendere la casa del debitore in tempi brevissimi, superando così i tradizionali problemi delle esecuzioni forzate, non ha ancora acceso i motori, ma quando ciò accadrà – probabilmente già nei prossimi mesi – saranno evidenti i forti effetti non solo sui mutui futuri, ma anche sulle espropriazioni in atto e sul mercato immobiliare.











Ricordiamo che la nuova legge attribuisce alle banche due enormi poteri:

il primo è costituito dal cosiddetto patto marciano: i contratti di mutuo potranno contenere una clausola in virtù della quale, in caso di inadempimento nel pagamento delle rate del mutuo, alla banca sarà consentito espropriare l’immobile, farlo valutare da un perito nominato dal Presidente del Tribunale e poi venderlo per via diretta, senza cioè la procedura di pignoramento e l’intermediazione di un giudice. All’esito della vendita, l’istituto di credito dovrà restituire al cliente l’eventuale differenza tra il debito residuo e il prezzo di vendita; tale procedura, in ogni caso, libererà il mutuatario da ogni obbligo nei confronti della banca, anche se la vendita non dovesse coprire il debito residuo;

il secondo strumento è invece di tipo processuale: in caso di vendita all’asta (le cosiddette espropriazioni o pignoramenti immobiliari), dopo il terzo esperimento andato infruttuoso (in gergo tecnico si dice “asta deserta”), il giudice potrà disporre un quarto esperimento, riducendo questa volta il prezzo base della metà (anziché un quarto, come è stato fino a ieri): una svendita che, peraltro, si applicherà anche alle procedure iniziate negli anni passati (il decreto legge ha infatti, almeno in questo, effetto retroattivo. Per maggiori dettagli sul punto leggi: “Le banche svenderanno gli immobili pignorati prima della riforma”).
Non solo. La banca potrà partecipare alla vendita, presentando un’offerta e rendendosi così aggiudicataria dell’immobile il cui acquisto, in precedenza, aveva essa stessa finanziato (peraltro, avendo la liquidità per farlo in via sistematica). Peraltro, le viene consentito di nominare, nei cinque giorni successivi all’aggiudicazione, una terza società come effettiva intestataria dell’immobile (che potrà anche essere una immobiliare appartenente allo stesso gruppo bancario), che poi si occuperà della ricollocazione sul mercato.
I regali non finiscono qui: il decreto regala alla banca un abbattimento totale dell’imposta di registro (attualmente del 9% sul valore dell’immobile acquistato): al suo posto pagherà un’imposta flat di 200 euro (il risparmio è di circa 45mila euro su un immobile venduto a 500mila euro). Tale beneficio fiscale viene comunque condizionato al fatto che, entro un anno, la banca proceda a rivendere l’immobile.

Non appena, quindi, il decreto governativo otterrà la conversione in legge, i giudici di tutti i tribunali italiani inizieranno a fissare le nuove aste con riduzione del prezzo base fino alla metà: una liquidazione totale del patrimonio immobiliare italiano in nome della celerità delle espropriazioni e per consentire alle banche di riottenere la liquidità persa in tutti questi anni.

Questo avrà una serie di effetti devastanti su diversi fronti. Innanzitutto ne farà le spese chi ha già in corso un pignoramento immobiliare e, da più anni, assiste ai vari tentativi di asta: in virtù delle nuove regole – che, come detto, si applicheranno retroattivamente – il proprietario dell’immobile si vedrà vendere la casa in favore della stessa banca che gliel’ha finanziata a un prezzo peraltro irrisorio.

In secondo luogo, sarà lo stesso mercato immobiliare a subire il colpo: la possibilità di essere espropriati così facilmente potrebbe disincentivare consumatori e imprese dall’acquisto di un bene per il quale non vi sia ragionevole sicurezza di restituzione del finanziamento. Peraltro, la maggiore convenienza delle aste giudiziarie (non solo per via del predetto abbattimento della base d’asta, ma anche della cancellazione dell’imposta di registro) potrebbe ridurre la richiesta di “nuovo” rispetto all’usato.

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