mercoledì 29 aprile 2015

La lettera dell’Inail per riscuotere dai poveri


La lettera dell Inail per riscuotere dai poveri
Assicurazione infortuni casalinghe: bisogna pagare?

Come già avevamo anticipato in “La tassa su chi non lavora: studenti e casalinghe alla cassa”, l’Inail sta mandando, in questi giorni, migliaia di lettere alle famiglie per riscuotere l’ennesima assurda tassa: l’assicurazione infortuni sulle casalinghe poi estesa anche agli studenti. In buona sostanza, si tratta di un sistema per riscuotere soldi da chi sta a casa, si dedica alle cure domestiche tutto il giorno perché non ha un lavoro. Per dirla in altri termini, è un’imposta sulla disoccupazione.


 Perché, ovviamente, a dover pagare non sono solo coloro che hanno scelto volontariamente di fare le casalinghe (o i casalinghi), ma anche quanti vi sono costretti dall’impossibilità di trovare un’altra occupazione. E così lo Stato ha pensato di prelevare, da chi non ha i soldi per pagare le imposte sul reddito, un’imposta sull’assicurazione per infortuni – assicurazione che, neanche a dirlo, non esiste – pari a 12,91 euro a cranio. Mica poco se si pensa che ormai sono purtroppo poche le famiglie in cui almeno un componente non rimanga a casa per ragioni di studio, disoccupazione o cure domestiche.


Ecco la lettera minatoria dell’Inail (clicca sull’immagine per ingrandire)

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Di cosa si tratta?
Una legge del 1999 [1] ha introdotto l’obbligo per le casalinghe di sottoscrivere presso I’INAIL una polizza assicurativa che dovrebbe offrire – ma che di fatto non offre affatto – una tutela contro gli infortuni che possono derivare dal lavoro svolto tra le mura domestiche.

Questa assicurazione vale per chi è in possesso dei seguenti requisiti:
– età compresa tra i 18 e i 65 anni;
– svolgono, in via non occasionale, senza vincolo di subordinazione e a titolo gratuito, il classico lavoro casalingo (cura della famiglia e della casa);
– non svolgono altra attività che comporti l’iscrizione presso forme obbligatorie di previdenza sociale.

Anche chi svolge lavori che non coprono l’intero anno (per esempio lavoratori stagionali, a tempo determinato) deve assicurarsi per il periodo in cui non svolge attività lavorativa e non ha versamenti contributivi.

Il premio da versare, però, è annuale e non è frazionabile, anche se la copertura opera solo per i periodi in cui non viene svolta alcuna attività lavorativa.

Il costo, che al momento in cui stiamo scrivendo è di 12,91 euro, dovrebbe aumentare a breve. Va versato all’IAIL entro il 31 gennaio di ogni anno.

Il versamento non deve essere effettuato se l’interessato ha una reddito proprio IRPEF annuo che non supera i 4.648,11 euro e se appartiene a un nucleo familiare il cui reddito complessivo non supera i 9.296,22 euro annui (entrambi i requisiti devono essere presenti). In questo caso, infatti il pagamento è a carico dello Stato e deve essere presentata un’autocertificazione utilizzando l’apposito modello reperibile presso le sedi INAll, i Patronati, le Associazioni delle casalinghe o scaricabile dal sito internet dell’INAIL.

Il pagamento del premio si può effettuare direttamente on-line, con carta credito Visa o Mastercard, prepagata Postepay o conto Bancoposta; inoltre possibile pagare tramite bonifico bancario.

Questa assicurazione è obbligatoria per legge.

Che succede se non si paga?
In caso di mancato pagamento del premio, alla scadenza fissata sono previsti interessi di mora che però non possono superare l’ammontare del premio stesso. Chi non si assicura in caso di infortunio non è coperto (così come non sono assicurati gli infortuni avvenuti fuori da territorio italiano).

Che succede invece se si paga?
L’assicurazione garantisce una rendita vitalizia alla vittima di un infortunio nello svolgimento dei lavori domestici, ma solo se si tratta di un danno grave, un grado di invalidità importante (per esempio la perdita di un arto). In caso di morte dell’assicurato, la rendita, calcolata con le stesse modalità e percentuali stabilite per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, viene corrisposta agli eredi.

Note

[1] Legge n. 493/1999.

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