martedì 26 maggio 2015

La sospensione d’ufficio dell’esecuzione forzata per eccessivo ribasso del prezzo di vendita

Fonte:  http://www.salviamogliitaliani.it/la-sospensione-dufficio-dellesecuzione-forzata-per-eccessivo-ribasso-del-prezzo-di-vendita/


Come è noto, nelle vendite giudiziarie non è infrequente che il bene pignorato, spesso la casa di abitazione del debitore, venga venduto a prezzo molto basso tale da lasciare sostanzialmente invariato il rapporto debitorio.
In tali situazioni il soggetto debole si vedrà portare via un bene faticosamente acquistato a prezzo pieno senza ottenere la cancellazione di un debito, che continuerà ad affliggerlo, nei confronti di un creditore che, per contro, non sarà soddisfatto delle sue ragioni.
Tale fenomeno è stato decisamente aggravato dalla così detta crisi che ha distrutto la domanda immobiliare. Senza volerne indagare le ragioni (siano esse l’aumento spropositato della tassazione ovvero la mancata concessione di mutui), si osserva che se nelle vendite davanti al notaio i prezzi hanno subito un abbattimento di circa solo il 20% davanti al Giudice si possono acquistare immobili a prezzi inferiori al 70/80 % del valore reale attuale.


Tale svendita a prezzo vile della proprietà di parte debitrice (cui spesso fa da contraltare un danno per lo stesso ceto creditorio) fa venire meno la causa (intesa come funzione economico sociale) stessa del trasferimento immobiliare.
La vendita forzosa, infatti, da un lato serve a soddisfare le ragioni del creditore mediante monetizzazione dei cespiti del debitore e dall’altro mira a trasferire la proprietà dei beni espropriati al terzo acquirente dietro il pagamento di un (giusto) prezzo.
In tema di contratti in generale l’Ordinamento appresta una serie di rimedi per tali gravi patologie come l’azione di nullità per inesistenza della causa ex artt. 1418 e 1325 CC e quelle di rescissione ex art. 1447 ss CC.
Per evitare che, a seguito dell’esperimento infruttuoso di diverse aste andate deserte, l’espropriazione del debitore si risolva in una svendita dei suoi beni, l’art. 586 CPC stabilisce che il Giudice dell’esecuzione “può sospendere la vendita quando ritiene che il prezzo offerto sia notevolmente inferiore a quello giusto.
La disposizione, introdotta dall’art. 19 bis della Legge n. 303 del 12 luglio 1991 (legge di conversione del Decreto Legge n. 152 del 13.05.1991 “provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza e buon andamento dell’attività amministrativa”), riproduce, in tema di espropriazione individuale, quanto già prescritto in tema di procedura fallimentare sin dal 1942(si veda l’art. 108 LF).
Lo spirito della norma consiste nell’evitare che la vendita forzosa danneggi inutilmente i soggetti coinvolti (in primis il debitore, ma anche i creditori postergati e/o lo stesso creditore procedente) a vantaggio del terzo acquirente e/o dell’eventuale unico creditore privilegiato che ottenga un soddisfacimento economico.
In merito il Tribunale di Vicenza, con Sentenza del 18 luglio 2011, ha avuto modo di chiarire che la sproporzione tra il giusto prezzo e quello offerto, affinché si realizzi la condizione richiesta dall’art. 586 CPC per la sospensione della vendita, non deve necessariamente derivare da interferenze illecite (e segnatamente di tipo mafioso come potrebbe far pensare il titolo del Decreto legge che ha introdotto la disposizione), ma ben può discendere da fattori del tutto fisiologici (come appunto quello di eccessivi ribassi conseguenza una serie di aste deserte).
I Tribunali di merito da tempo hanno fatto proprio detto principio sancendo che sarebbe una punizione ingiusta per il debitore proseguire un’azione che ha già dimostrato di essere infruttuosa poiché si verrebbe a frustrare l’interesse economico sia del debitore che del creditore.
Il Tribunale di Roma, sezione distaccata di Ostia Giudice Moriconi, con Sentenza del 9 maggio 20131 ha statuito che devono essere sospese per un anno le esecuzioni immobiliari quando si siano già tenute cinque aste senza aggiudicazione ed il prezzo del bene si sia già ridotto di circa un terzo rispetto al valore del bene stimato dal CTU.
Il suddetto Tribunale ha infatti ritenuto che, ai sensi dell’art. 586 c.p.c., deve ritenersi inutile per il creditore un trasferimento del bene immobile pignoratoquando risulta palese che l’eventuale controvalore sarebbe “notevolmente inferiore a quello giusto . Ciò in ottemperanza al disposto dell’art. 586 c.p.c. che dispone per l’appunto che “ avvenuto il versamento del prezzo il Giudice dell’esecuzione può sospendere la vendita quando ritiene che il prezzo offerto sia notevolmente inferiore a quello giusto”.
Il Giudice romano, in particolare, preso atto della particolare situazione economica del Paese con particolare riferimento alla crisi del mercato immobiliare, ha ritenuto ingiusto fissare una nuova asta, dopo le cinque già tenutesi ed andate deserte, ad un prezzo ulteriormente ridotto (salvo poi, in caso di aggiudicazione, applicare il disposto dell’art. 586 CPC).
Il differimento di 12 mesi, infine, è stato ritenuto un termine congruo dal Tribunale per tentare una nuova vendita ad un prezzo diverso e migliore.
Il Tribunale di Napoli, con una interessante ordinanza dello scorso mese di gennaio (Trib. Napoli, Ordinanza del 23.01.2014), è andato ben oltre quanto sopra ritenendo che quando, dopo una lunga serie di aste, il prezzo base sia divenuto irrisorio, la procedura debba estinguersi con restituzione del bene nella disponibilità del debitore2.
Il Giudice partenopeo, in particolare, preso atto dell’irrisorietà dei prezzi raggiunti a seguito della diserzione delle aste via via fissate, ha dichiarato l’improcedibilità dell’esecuzione. Se l’immobile non si vende, infatti, è assolutamente ingiusto e inaccettabile un ulteriore ribasso del prezzo, che diverrebbe così notevolmente inferiore a quello giusto, con svantaggio non solo del debitore, ma anche del creditore.
Dopo l’aggiudicazione, invero, il debitore non sarebbe ancora liberato e i creditori avrebbero comunque la necessità di intraprendere una nuova esecuzione forzata.
L’estinzione della procedura, peraltro, appare conforme al principio costituzionale della ragionevole durata del processo e a quello per cui la procedura esecutiva stessa deve essere giustificata da un effettivo interesse economico (la funzione economico sociale), che sarebbe per contro vanificato da un’azione infruttuosa, inutilmente dispendiosa, antieconomica e, pertanto, ingiustificata.
Al medesimo risultato è giunto il Tribunale di Belluno che, con Provvedimento del 3 giugno 2013, ha stabilito che qualora, dopo vari esperimenti di vendita con esito negativo, risulti evidente l’inutilità della prosecuzione del processo esecutivo, lo stesso potrà essere dichiarato estinto in nome del principio costituzionale di ragionevole durata del processo e di quello di “necessaria utilità” del processo esecutivo stesso.
Tali principi, come già osservato, consentono di addivenire ad una atipica estinzione per evitare che la ratiodel processo esecutivo venga frustrata dalla prosecuzione di un’azione infruttuosa, vanamente costosa e totalmente antieconomica.
Anche la Corte di Cassazione (Cass. n. 692/12 del 18.01.2012)ha implicitamente ribadito detti principi, stabilendo che vadano applicati anche alla riscossione esattoriale, nella quale il Giudice, al pari dell’esecuzione ordinaria, deve valutare l’adeguatezza del prezzo di trasferimento.
L’espropriazione, infatti, ha l’obiettivo trasformare il bene in denaro per il soddisfacimento dei creditori e non quella d’infliggere una sanzione atipica al debitore inadempiente. Deve escludersi, pertanto, che il corrispettivo determinato possa risultare del tutto scollegato dal valore reale dell’immobile.
Allorquando il debitore si trovi in una situazione come quella descritta, e cioè quando si veda espropriato un’immobile acquistato a prezzo pieno che dopo una lunga serie di aste andate deserte raggiunga un prezzo di vendita estremamente basso, pertanto, potrà sollecitare il Giudice dell’esecuzione (ovvero ricorrervi nel caso dell’espropriazione esattoriale) al fine di vedere sospesa o estinta la procedura immobiliare.

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