mercoledì 1 giugno 2016

Negoziazione assistita, separazione e divorzio: avvocati mai dello stesso studio

Fonte: Laleggepertutti.it


L’indipendenza dei difensori che rappresentano marito e moglie deve essere garantita, in sede di negoziazione assistita, anche evitando che gli stessi appartengano al medesimo studio legale.


In materia di famiglia (ossia per le separazioni, i divorzi o la revisione delle condizioni di separazione/divorzio), non si può fare la negoziazione assistita con un due avvocati presi dallo stesso studio legale. La legge, infatti, impone che i due ex coniugi siano difesi da due differenti professionisti, che non abbiano collegamenti tra loro. A dirlo è il tribunale di Torino con un recente decreto [1].









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Da due anni le coppie di coniugi possono separarsi o divorziare anche senza il giudice, a condizione che abbiano trovato il consenso su tutti gli aspetti del distacco (cosiddetta separazione o divorzio consensuale): lo possono fare davanti al Sindaco, in Comune (a condizione che non abbiano avuto figli e non debbano disporre trasferimenti di beni tra loro: leggi “Separazione e divorzio in Comune: come si fa”) oppure ricorrendo a un accordo scritto, redatto e firmato dai rispettivi avvocati (anche in presenza di figli e di trasferimenti di beni: leggi “Separazione e divorzio dall’avvocato: negoziazione assistita”). In quest’ultimo caso, però, la legge [2], per evitare conflitti di interesse, stabilisce che il marito e la moglie non possano essere assistiti dallo stesso legale, ma ne devono avere uno a testa.





Il procedimento seguito dagli avvocati viene detto negoziazione assistita. Affinché l’accordo possa essere valido al pari della tradizionale sentenza di un giudice, deve essere omologato dal giudice (una sorta di nullaosta).



Ebbene, secondo il provvedimento del tribunale di Torino, non può essere omologata la negoziazione assistita per la separazione o il divorzio se le parti hanno raggiunto un accordo con l’assistenza di due avvocati che appartengono allo stesso studio professionale.



Il requisito della presenza di almeno due diversi avvocati (uno per parte) – requisito richiesto dalla legge per la validità della negoziazione assistita – non è soddisfatto se i due professionisti facciano parte dello stesso studio legale. Del resto è lo stesso codice deontologico degli avvocati [3] che, trattando del conflitto di interessi, impone al legale di astenersi nel caso in cui le parti abbiano interessi confliggenti, astensione che è prescritta anche nel caso in cui i difensori “siano partecipi di una stessa società di avvocati o associazione professionale o che esercitino negli stessi locali e collaborino professionalmente in maniera non occasionale”.



Tutto da rifare quindi. Almeno una delle due parti dovrà nominare un nuovo avvocato e far sì che questi firmi l’accordo di negoziazione assistita.



Non può, inoltre, essere omologata la negoziazione assistita se nell’accordo gli avvocati non danno atto di aver informato le parti dell’importanza per il minore di trascorrere tempi adeguati con entrambi i genitori.



Il decreto in commento, infine, si occupa del caso in cui il pubblico ministero fornisca parere negativo all’accordo: il giudice ha un’autonomia di valutazione rispetto al pm e, pertanto, il presidente del tribunale ha il potere di provvedere ugualmente anche in caso di mancato via libera del pubblico ministero.

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