lunedì 16 maggio 2016

Cartelle Equitalia: le contestazioni da non sollevare mai

Fonte:   laleggepertutti.it


Quando si riceve la notifica di una cartella di pagamento di Equitalia (la cosiddetta cartella esattoriale) per importi in realtà dovuti, non sono pochi i contribuenti a tentare la “scappatoia” del ricorso, ancorandosi a vizi formali, per non corrispondere gli importi richiesti dall’Agente della riscossione. Alcune di queste contestazioni, però, sono del tutto inutili e potrebbero solo far spendere soldi al ricorrente; altre, invece, gli si potrebbero addirittura ritorcere contro, come le eccezioni sui difetti di notifica. Una panoramica di ciò che non è consigliabile fare la offre una recente sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Toscana [1] che val la pena di segnalare quale emblema di come, da una vicenda di per sé insignificante, si possa stilare un vademecum delle cause contro Equitalia.











Un boomerang le contestazioni sul difetto di notifica

La CTR innanzitutto rammenta un principio sul quale la giurisprudenza, ormai, ha preso da tempo una posizione ferma: quello secondo cui il vizio per difetto di notifica viene sanato dalla presentazione del ricorso. Può sembrare contraddittorio, ma così non è. Sarebbe infatti illogico sostenere di non aver mai ricevuto una cartella – o di non averla ricevuta correttamente – se, con l’impugnazione (e, quindi, con il deposito dell’atto impugnato innanzi al giudice), si ammette poi il suo ricevimento.


Scopo della notifica è, infatti, portare il contribuente a conoscenza della pretesa di pagamento nei suoi confronti e, quindi, metterlo nelle condizioni di difendersi. Ma se questi ha presentato ricorso ha ammesso due cose: 1) di essere – seppur trasversalmente – venuto a conoscenza della cartella; 2) di essersi, di conseguenza, potuto difendere.

L’eccezione sul difetto di notifica, dunque, quando sollevata con il ricorso contro l’atto di cui si contesta il corretto ricevimento, sana il vizio stesso. La logica che sta alla base di questo principio (meglio noto come “raggiungimento dello scopo da parte dell’atto”) non fa una grinza: se il contribuente si duole di non aver ricevuto la cartella di pagamento in modo corretto, non potrebbe neanche impugnarla, perché non dovrebbe esserne a conoscenza. Se, invece, la impugna, dimostra di averne preso, in qualche modo, visione anche se non con l’iter imposto dalla legge. E poiché le norme sul procedimento di notifica hanno per scopo proprio quello di rendere edotto il contribuente dell’atto notificatogli, il fatto che questi ammetta che ciò sia avvenuto – seppur in modo diverso da quello previsto dalla legge – fa sì che si possa dire che l’atto ha raggiunto il suo scopo.

Tale principio del raggiungimento dello scopo vale anche nei casi di vizi più gravi, ossia quelli di inesistenza della notifica (ad esempio, quando la cartella sia stata notificata in un luogo o consegnata ad una persona che non presentino alcun legame con il destinatario dell’atto, risultando a costui del tutto estranei). Anche in dette ipotesi, infatti, i vizi della la notifica si ritengono sanati in caso di tempestiva costituzione del ricorrente.



Ma cosa dovrebbe fare, allora, il contribuente per contestare un difetto di notifica di una cartella? In verità, l’unico modo è non sollevare ricorso e, invece, riservarsi tale carta per il successivo atto che effettuerà Equitalia. Si pensi a una cartella di pagamento non notificata presso l’abitazione del contribuente; se questi solleva subito il vizio, impugnando la cartella, lo sana. Ma se il debitore ha la pazienza di attendere la successiva mossa dell’Esattore, come ad esempio un preavviso di ipoteca, un pignoramento o una diffida ad adempiere, potrebbe impugnare quest’ultimo, sostenendo che il primitivo atto (la cartella, o meglio detta, in tal caso, atto prodromico) non gli è mai stata consegnata. In tal modo, egli dedurrebbe di non essersi potuto difendere contro l’iniziale pretesa di pagamento, non potendo presentare ricorso nei termini. E, allora, con l’accoglimento dell’eccezione da parte del giudice, tutto il procedimento di notifica decadrebbe. Quindi cesserebbe non solo il pignoramento, ma verrebbe annullata anche la cartella.


Le contestazioni sul merito del pagamento

Un altro tipo di eccezione che verrebbe sicuramente rigettato e che porterebbe il contribuente a spendere inutilmente soldi per il ricorso è quella volta a rimettere in gioco il “merito” del tributo o della sanzione, ossia il “se” o il “quanto” del pagamento. Facciamo un esempio per spiegarci meglio. Se il contribuente riceve una cartella di pagamento per una multa derivante dalla violazione del codice della strada, non potrebbe sollevare, nel ricorso contro l’atto di Equitalia, contestazioni contro la legittimità della multa stessa (per esempio, l’illegittimità dell’autovelox), poiché tali eccezioni possono essere sollevate solo contro la prima richiesta di pagamento (nell’esempio, la notifica del verbale da parte della polizia; ma potrebbe trattarsi anche di avvisi di accertamento dell’Agenzia delle Entrate, arretrati di bollo auto, contributi Inps, ecc.).



Nella sentenza qui in commento si chiarisce che è inammissibile il tentativo di reintrodurre, mediante l’impugnazione della cartella, la cognizione sul merito della pretesa tributaria, specie se c’è già stato un ricorso contro il primo atto del fisco. E questo anche nel caso in cui si eccepisca la violazione della normativa comunitaria.

Le uniche eccezioni, dunque, che possono essere sollevate contro la cartella sono:

la mancata notifica dell’atto iniziale (nell’esempio di prima, la contravvenzione); in tal caso il debitore asserisce di non aver mai ricevuto, prima della cartella, alcun atto con il quale gli sia stata data la possibilità di difendersi da quella pretesa di pagamento;
vizi della cartella stessa (che non siano, come detto sopra, quelli relativi alla notifica), come ad esempio un errato calcolo degli importi, l’invio alla persona sbagliata, la mancata indicazione del responsabile del procedimento o delle modalità di conteggio degli interessi, ecc.

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