venerdì 6 maggio 2016

Le banche svenderanno gli immobili pignorati prima della riforma

Fonte e approfondimenti: laleggepertutti.it



Si applicheranno anche ai pignoramenti immobiliari già in corso le nuove regole, entrate in vigore ieri, che conferiscono alle banche super poteri: grazie infatti alla riforma contenuta nel decreto legge [1] voluto fortemente dal Governo Renzi per porre fine alla crisi del sistema creditizio, gli istituti di credito potranno acquistare, a prezzi scontati, gli immobili che loro stessi hanno pignorato negli scorsi anni e messo all’asta.
Sono tre, in particolare, gli aspetti destinati a sconvolgere le regole su cui, fino ad oggi, si sono basate le aste giudiziarie, aspetti che, peraltro, desteranno seria preoccupazione per chi, non essendo riuscito a pagare il mutuo, ha in corso una procedura espropriativa.



Riduzione a metà del valore dell’immobile

La riforma consente, innanzitutto, al giudice di disporre, dopo i primi tre esperimenti di vendita andati deserti, un quarto con riduzione di un mezzo della base d’asta. Per comprendere l’impatto della nuova norma, è bene ripercorrere le regole principali delle esecuzioni immobiliari.
Tutte le volte in cui un immobile viene pignorato, il giudice procede alla vendita coattiva; se agli esperimenti d’asta non si fa vivo alcun offerente, il tribunale ne dispone una successiva riducendo di 1/4 il prezzo di vendita. Da oggi in poi, però, se entro i primi tre tentativi il bene non viene aggiudicato, il giudice ne dispone un quarto e, per rendere più allettante la partecipazione, decurta della metà il prezzo di vendita.

Ebbene, la riforma dice che, ai fini del conteggio dei tre esperimenti d’asta, si considerano anche le vendite effettuate prima dell’entrata in vigore del decreto. Quindi, per tutti gli immobili che, in questi anni, sono stati oggetto di un pignoramento immobiliare, con varie aste andate deserte, verrà disposto un ulteriore (e ultimo) tentativo dove, però, la base d’asta non verrà ridotta più del 25% rispetto alla precedente, ma addirittura del 50%. Insomma, una vera e propria svendita, considerando che già molte procedure esecutive hanno raggiunto una svalutazione notevole del valore dell’immobile, rispetto a quello di mercato.


La banca potrà partecipare con proprie società controllate

La seconda norma, che va letta in relazione alla precedente e fa comprendere come tutto l’assetto della riforma sia stato studiato appositamente per le banche, consente a queste ultime di partecipare all’asta riservandosi, in un secondo momento, di indicare il nome di un terzo soggetto, effettivo acquirente. Le banche parteciperanno così alle vendite, ma poi potranno intestare l’immobile a una società da queste controllata o facente parte del medesimo gruppo (cosiddetta “assegnazione in favore di terzo”).
Non è un mistero che molti istituti di credito abbiano già creato, negli scorsi anni, apposite società immobiliari proprio con lo scopo di piazzare di nuovo sul mercato gli immobili prima finanziati. Il che significa che, grazie a questo meccanismo, la banca, nel giro di solo quattro aste, potrà ottenere la proprietà della casa sulla quale ha acceso l’ipoteca per il mutuo ipotecario.


Uno sconto fiscale del 9%

Ultimo, e non minore, regalo alle banche – ma a pagarlo saranno, questa volta, tutti i contribuenti – è uno sconto fiscale del 9%. Il nuovo decreto, infatti, stabilisce che, se l’immobile acquistato all’asta viene rivenduto nel giro di un anno, l’aggiudicatario (la banca) non paga l’imposta di registro (pari appunto al 9%) ma, in luogo di essa, versa un’imposta fissa di 200 euro. Il che, su un bene del valore di 200mila euro significa un risparmio d’imposta di ben 18 mila euro. Un regalo che peserà, ovviamente, sul fisco italiano e che, quindi, verrà spalmato sulla collettività.


La retroattività

Come detto, la cosa più sconcertante di tutto questo meccanismo è la sua retroattività. L’applicazione della regola del “quarto esperimento d’asta, con riduzione del 50% del prezzo di vendita” vale anche per tutti i pignoramenti che, negli scorsi anni – prima cioè dell’entrata in vigore del decreto legge – hanno già visto andare deserti tre tentativi d’asta. Il che pone seri problemi di costituzionalità della riforma.

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