lunedì 25 gennaio 2016

Autotutela: come farsi annullare gratis un atto illegittimo

fonte:  www.laleggepertuttti.it


Grazie all’istanza in autotutela (anche detto ricorso in autotutela) il contribuente può segnalare agli uffici finanziari eventuali errori o illegittimità presenti negli atti a questi notificati, consentendo loro di revocarli e di correggere eventuali inesattezze.
Qualsiasi amministrazione può essere destinataria di un ricorso in autotutela: si pensi all’Agenzia delle Entrate, l’Inps, il Comune, anche la stessa Equitalia che, sebbene formalmente non sia un ente pubblico, opera come tale ed è soggetto alla stessa normativa per quanto almeno riguarda i rapporti con il cittadino (obblighi di trasparenza e collaborazione).


Il ricorso in autotutela si presenta in carta libera, esente da bolli, contributo unificato (che vale solo per gli atti giudiziari) e da formule particolari. Può firmare l’istanza anche lo stesso interessato senza dover ricorrere a un avvocato o un commercialista.

L’eventuale annullamento in autotutela dell’atto illegittimo o infondato non toglie però che l’ufficio possa rinnovare l’atto se non è già scaduto il termine di decadenza previsto dalla legge.

Nel frattempo che intervenga la decisione sull’autotutela, comunque, è possibile chiedere la sospensione degli effetti dell’atto che appaia illegittimo o infondato. La richiesta di sospensiva deve essere indicata in modo espresso nella stessa istanza.


Effetti dell’autotutela

L’annullamento o la revoca dell’atto travolge automaticamente tutti gli altri atti ad esso conseguenti e comportano l’obbligo di restituzione al contribuente delle somme indebitamente riscosse: ad esempio, il ritiro di un avviso di accertamento determina automaticamente la nullità delle cartelle di pagamento emesse in base all’avviso stesso. Se, invece, è in corso una causa di impugnazione dell’atto innanzi alle Commissioni tributarie o alla Cassazione, si ha la sua estinzione per cessata materia del contendere.

L’autotutela può essere realizzata su iniziativa dell’ufficio o su istanza del contribuente interessato.


Autotutela su iniziativa degli uffici

Poiché il principio ispiratore dell’autotutela è che “chi ha il potere di fare ha anche il potere e dovere di disfare e correggere il proprio errore”, il potere di annullare, revocare o rinunciare spetta all’ufficio che ha emanato l’atto illegittimo o che è competente per gli accertamenti d’ufficio.

In caso di grave inerzia, può intervenire anche la Direzione regionale o compartimentale dalla quale l’ufficio stesso dipende. Tale situazione si verifica quando l’ufficio non provvede neppure a seguito di sollecito.

Se l’importo della pretesa fiscale fatta valere con l’atto che si intende annullare risulta superiore a € 516.456,90, l’ufficio titolare del potere di annullamento deve acquisire il preventivo parere della Direzione delle entrate.

L’Amministrazione finanziaria, senza necessità che vi sia un’istanza da parte del contribuente, può procedere all’annullamento o alla rinuncia all’imposizione quando sussista una delle seguenti ipotesi; va sottolineato che l’elenco è puramente indicativo perché qualsiasi atto sbagliato va comunque annullato in ogni caso.

Ipotesi di autotutela
L’ufficio può procedere all’autotutela nei seguenti casi:

– errore di persona;
– evidente errore logico o di calcolo;
– errore sul presupposto dell’imposta;
– doppia imposizione;
– mancata considerazione di pagamenti di imposta, regolarmente eseguiti;
– mancanza di documentazione successivamente sanata, non oltre i termini di decadenza;
– sussistenza dei requisiti per fruire di deduzioni, detrazioni, regimi agevolativi precedentemente negati;
– errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall’Amministrazione;
– modifica normativa che prevede disposizioni più favorevoli per il contribuente e concede la loro applicazione anche in relazione a fatti posti in essere precedentemente l’entrata in vigore delle nuove norme.

Autotutela d’ufficio se pende il ricorso al giudice
L’Amministrazione può ricorrere al potere di autotutela anche se pende un ricorso in tribunale contro l’atto, promosso dal contribuente. In tal caso l’amministrazione finanziaria rinuncia alla pretesa fiscale originaria e la causa si chiude per “cessazione della materia del contendere”.

Non si può procedere, invece, all’annullamento d’ufficio o alla rinuncia all’imposizione, per i soli casi sui quali sia intervenuta una sentenza passata in giudicato che sia favorevole all’Amministrazione finanziaria e che si sia pronunciata sul merito del rapporto tributario cui inerisce l’atto che si vorrebbe annullare.
Pertanto, si può procedere all’annullamento in autotutela quando:

-la sentenza passata in giudicato che abbia accertato solo l’esistenza di ragioni pregiudiziali (irricevibilità, difetto di giurisdizione, incompetenza, inammissibilità, improcedibilità), le quali hanno precluso al giudice ogni esame sul merito del rapporto tributario e, quindi, ogni pronuncia sul punto;

– l’intervenuta definitività dell’atto per effetto dell’inutile decorso dei termini previsti per la relativa impugnazione;

– il tempo, più o meno lungo, trascorso dall’emanazione dell’atto.


Autotutela su istanza del contribuente

L’autotutela può essere richiesta anche dai contribuenti senza particolari vincoli formali, attraverso apposita istanza. Inoltre, in alcuni casi, al fine di agevolare i contribuenti stessi, è possibile avvalersi degli appositi centri di assistenza telefonica (c.d. call center) che possono provvedere direttamente, ove possibile, ad annullare o rettificare determinati atti.
Essa può essere chiesta anche in via preventiva, cioè prima dell’emanazione di un atto formale, per contestare le rilevazioni dei verificatori contenute nei processi verbali.


Come si presenta l’istanza di autotutela

Esistono diversi modi per presentare l’istanza in autotutela. Innanzitutto, come detto in apertura, essa va presentata in carta semplice, senza bolli e senza necessariamente una difesa “tecnica” (avvocati, commercialisti, ragionieri, ecc.).

Si può depositare l’istanza in autotutela con apposito ricorso notificato all’amministrazione con raccomandata a.r. o con posta elettronica certificata. In alternativa si può presentare l’istanza con:

– dichiarazione messa a verbale durante un’audizione presso l’ufficio;
– inclusione in un atto processuale relativo ad altra controversia con l’ufficio fiscale.


Effetti dell’istanza in autotutela

Secondo la giurisprudenza più recente e la dottrina prevalente, dopo la presentazione dell’istanza, l’Amministrazione finanziaria ha il potere-dovere (o comunque una discrezionalità ridotta) di effettuare una nuova valutazione del proprio operato, anche alla luce degli elementi di fatto e di diritto addotti dal soggetto istante. Ciò in quanto la finalità principale dell’istituto sta nell’interesse pubblico ad una giusta tassazione, rispettosa cioè dei principi di eguaglianza, di capacità contribuiva e di esercizio imparziale della funzione tributaria, principi costituzionalmente protetti e garantiti e che informano il corretto e leale rapporto fra Amministrazione e cittadino-contribuente.


L’autotutela non sospende i termini per il ricorso

È molto importante considerare che l’istanza in autotutela non ha effetti sospensivi né sull’atto (salvo non intervenga apposita decisione dell’ufficio), né sui termini per presentare ricorso. Pertanto, il contribuente che presenta l’istanza di autotutela per fare annullare un atto che considera illegittimo o infondato, dovrebbe evitare di lasciar trascorrere i termini per la presentazione del ricorso senza avere la conferma scritta dell’accoglimento dell’istanza.

In assenza di una risposta per tempo, è consigliabile presentare anche il ricorso contro l’atto di imposizione. Ciò in quanto i due rimedi sono del tutto indipendenti sia dal punto di vista concettuale che da quello procedurale.


Che succede dopo la decisione sull’istanza di autotutela

In caso di accoglimento dell’istanza, come abbiamo detto, si ha l’annullamento dell’atto illegittimo e, se non decorsi i termini, l’amministrazione può sostituirlo da un altro atto corretto.

In caso di rigetto (cosiddetto diniego di autotutela) il contribuente può sempre

– presentare ricorso al giudice o proseguire il ricorso già pendente;

– se, invece, i termini per ricorrere sono scaduti, è controversa la possibilità di impugnare il diniego di autotutela. Fra coloro che ritengono impugnabile il diniego (ma anche fra chi esclude tale possibilità), è ammessa la sussistenza della giurisdizione tributaria delle commissioni tributarie (e non quella del giudice amministrativo), ferma restando la natura discrezionale del potere di autotutela.

La Cassazione in numerosi casi ha accolto la tesi, sostenuta dall’amministrazione finanziaria, secondo cui il diniego non è impugnabile, e quindi, in tal caso, per il contribuente non sono previsti specifici rimedi se non l’impugnazione dell’atto stesso originario.

Se un contribuente riceve un avviso di accertamento e, anziché proporre ricorso alla CTP, presenta istanza di annullamento in autotutela, successivamente, quando riceve una cartella di pagamento fondata sull’avviso di accertamento divenuto definitivo, non può contestare la cartella basandosi solamente sull’omessa pronuncia all’istanza di autotutela.


Call center

I contribuenti possono ottenere gli stessi effetti dell’istanza scritta, anche rivolgendosi direttamente ad appositi centri di servizio telefonico. I call center rispondono al seguente numero telefonico: 848.800.444, dal lunedì al venerdì dalle ore 9 alle ore 17 e il sabato dalle ore 9 alle ore 13.
Essi, oltre che a svolgere le normali mansioni di servizio informazione e assistenza telefonica, possono infatti intervenire nei seguenti casi:

– errori di compilazione della dichiarazione facilmente riconoscibili;

– eccedenza d’imposta non confermata dal sistema informativo;

– versamenti (ad esempio, errata compilazione del modello F24).

Essi, inoltre, sono autorizzati, nei casi più semplici, ad annullare o rettificare le comunicazioni a seguito di liquidazione automatizzata delle dichiarazioni.

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