venerdì 22 gennaio 2016

Cartella di pagamento: termini di prescrizione

fonte:  www.laleggepertutti.it



Come tutti i debiti, anche quelli con il fisco e, in particolare le cartelle di pagamento, hanno un termine di prescrizione, ossia – se vogliamo usare un vocabolo di uso comune – una data di scadenza oltre la quale nulla è più dovuto all’erario. Capita però che Equitalia di ciò molto spesso “si dimentichi” e non solo non cancella il debito prescritto dai suoi archivi, ma addirittura inizi un pignoramento o minacci l’iscrizione di un’ipoteca o di un fermo auto. È quindi necessario conoscere con attenzione i precisi termini di prescrizione delle cartelle per far valere, in qualsiasi momento, i propri diritti.



Quali sono i termini di prescrizione della cartella di pagamento?

Non esiste un unico termine di prescrizione per tutte le cartelle di pagamento: esso varia da cartella a cartella. Questo perché a prescriversi non è la cartella in sé, ma il credito in essa contenuto, ossia la ragione per cui la cartella è stata notificata (il debito con l’Inps per i contributi, quello con l’Agenzia delle Entrate per l’Irpef o l’Iva, quello con la polizia stradale per una multa, ecc.). Proprio per questa ragione il termine di prescrizione non è sempre uguale, ma cambia a seconda del credito indicato nella cartella stessa.
Tanto per fare un esempio, una cartella contenente un importo dovuto a titolo di IVA, si prescrive in 10 anni, mentre una cartella per il pagamento di una multa stradale scade dopo 5 anni; una cartella per l’imposta sulla casa scade dopo 5 anni, mentre quella per il bollo auto dopo solo 3 anni.
Vedremo, a termine dell’articolo, i singoli termini di prescrizione.

Potrebbe capitare che la stessa cartella contenga sia la richiesta di pagamento di più tipologie di credito, con prescrizioni differenti: per esempio, l’IMU (5 anni) e il canone Rai (10 anni). In tali casi, si avrà una sorta di scissione del debito: in pratica, la cartella si intenderà parzialmente prescritta per i debiti “scaduti”, mentre resterà ancora in vita per tutti gli altri.

C’è, inoltre, un’importante precisazione da fare: se la cartella esattoriale è stata oggetto di una causa, perché il contribuente l’ha impugnata con ricorso, e il giudizio termina con una sentenza di condanna per quest’ultimo, la prescrizione è sempre di 10 anni, a prescindere dal credito per il quale si è dibattuto. Questo perché a prescriversi in questo caso non è la cartella, ma la sentenza e tutte le sentenze si prescrivono solo dopo dieci anni.
Tale aspetto è stato più volte rimarcato dalla giurisprudenza. La cartella di pagamento – si sostiene – non ha la medesima natura giuridica della sentenza e non è titolo giudiziale. Pertanto il termine di prescrizione è regolato dal termine di prescrizione del credito in essa portato e il termine di 10 anni è applicabile solo laddove il diritto di credito sia divenuto definitivo in seguito ad una pronuncia giurisdizionale passata in giudicato, diversamente dovrà applicarsi la prescrizione breve.


Come fare a capire se una cartella è prescritta

Prima di analizzare i singoli termini di prescrizione, ecco qualche consiglio su come verificare se una cartella si è prescritta o meno.
La prescrizione decorre quasi sempre dalla data in cui l’importo è dovuto. Tutte le cartelle hanno, al loro interno, una pagina ove è indicato, in modo dettagliato, l’elenco degli importi di cui si chiede il pagamento, la causale e soprattutto l’anno a cui essi si riferiscono. È proprio da tale dettaglio che deve partire l’indagine del contribuente: egli deve cioè prendere in considerazione le date ivi indicate e, da esse, iniziare a contare i termini di prescrizione.
Chi invece ha perso la cartella di pagamento può sempre chiedere allo sportello di Equitalia la stampa dell’estratto di ruolo.

Se l’estratto di ruolo dovesse indicare delle cartelle che il contribuente ritiene non essergli state mai notificate, esso può essere impugnato davanti al giudice. In tutti gli altri casi, l’estratto di ruolo non è impugnabile. Ne consegue che, se in esso sono indicati crediti prescritti, l’unico modo per difendersi – come vedremo nel punto successivo – è quello di presentare un’istanza in autotutela o attendere il successivo atto di Equitalia (una diffida, un sollecito di pagamento, un pignoramento, un avviso di fermo o ipoteca).


Come difendersi se i termini di prescrizione della cartella sono compiuti?

Come detto, se la prescrizione si è compiuta, ogni azione esecutiva o cautelare svolta da Equitalia è illegittima e può essere bloccata con un ricorso al giudice. La competenza contro i pignoramenti è del tribunale ordinario (giudice delle esecuzioni); invece contro fermi e ipoteche dipende dal tipo di tributo contenuto nella cartella (v. schema più in basso).
Tuttavia, è chiaro che l’interesse del contribuente sia quello di agire in anticipo, evitando il pignoramento o l’iscrizione di un fermo auto o di un’ipoteca posta l’intervenuta prescrizione. È quindi necessario che l’interessato si attivi immediatamente per far rilevare, tanto ad Equitalia, quanto all’ente titolare del diritto di credito, l’intervenuta prescrizione, chiedendo lo sgravio della cartella di pagamento.

A tal fine, l’unica cosa da fare, se si vuole evitare il ricorso al giudice e la parcella dell’avvocato, è di presentare un’istanza in autotutela (attraverso raccomandata a.r. o con posta elettronica certificata) indirizzata all’amministrazione titolare del credito (meglio che una copia sia indirizzata, per conoscenza, anche ad Equitalia).
Con l’istanza – che può essere presentata in carta semplice, esente da bollo, firmata dallo stesso contribuente senza bisogno di difensore tecnico – si deve chiedere lo sgravio della cartella di pagamento per intervenuta prescrizione.

L’istanza in autotutela non sospende i termini per presentare ricorso al giudice contro eventuali preavvisi di fermo/ipoteca o pignoramenti, né sospende l’esecutività della cartella. In più, il silenzio dell’ente si considera rigetto e, pertanto, in caso di mancata risposta, si dovrà necessariamente adire il giudice.


I termini di prescrizione delle cartelle di pagamento

Cosa significa dire che una cartella di pagamento è prescritta? Vuol dire che Equitalia non può iniziare il pignoramento nei confronti del contribuente. Se, infatti, l’esecuzione forzata non viene avviata entro il termine di prescrizione – che, come detto, varia a seconda del credito – l’azione è illegittima.

Analizziamo ora i singoli termini di prescrizione delle cartelle di pagamento.
I tributi erariali come IRPEF, IVA, IRES, Imposta di registro, imposte ipocatastali, oggetto di cartella di pagamento si prescrivono nel termine di 10 anni decorrente dalla scadenza del termine per il pagamento (60 giorni dalla notifica) o – come detto – se la cartella è impugnata, dal passaggio in giudicato della sentenza.

Le sanzioni si prescrivono invece in 5 anni decorrenti dal giorno della violazione: è il caso, per esempio, di una multa stradale per violazione del codice della strada, di una sanzione per un protesto, ecc.
Anche in questo caso, tuttavia, se il titolo alla base del credito azionato è una sentenza passata in giudicato, si applica il termine di dieci anni dal passaggio in giudicato della sentenza [1].
I tributi locali periodici come TASI, TARSU, TARI, TOSAP e si ritiene anche ICI e IMU si prescrivono nel termine di 5 anni; tuttavia se il titolo è una sentenza passata in giudicato, si applica il termine di 10 anni.

In caso di accertamento immediatamente esecutivo, se il contribuente non lo contesta, Equitalia deve iniziare l’esecuzione con la notifica del pignoramento, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo [2]. Tuttavia, si ritiene che anche in questo caso, se Equtalia procede in base a sentenza, si applica il termine di prescrizione di 10 anni dal passaggio in giudicato della sentenza in quanto il titolo sulla base del quale viene intrapresa la riscossione non è più l’atto amministrativo, ma la sentenza.

I contributi previdenziali dovuti all’INPS o all’INAIL si prescrivono dopo 5 anni (se, però, dovuti per periodi antecedenti al 1.01.1996, si prescrivono in 10 anni).

I contributi minori (DS, TBC, ENAOLI, SSN etc) e quelli dovuti da artigiani, esercenti attività commerciali e lavoratori autonomi iscritti alla Gestione Separata cadono in prescrizione dopo 5 anni.

Le multe stradali si prescrivono in 5 anni che decorrono dalla data in cui è stata commessa l’infrazione.

Il bollo auto si prescrive in 3 anni decorrenti dal terzo anno successivo a quello a cui si riferisce il pagamento.

Il canone Rai si prescrive dopo 10 anni a partire dalla fine di gennaio dell’anno in cui sarebbe dovuto essere corrisposto.

Per i diritti della camera di commercio non esiste una specifica normativa per cui, secondo la tesi maggioritaria, si applica il termine ordinario di 10 anni. Secondo qualche giudice, invece, si applica il termine di 5 anni trattandosi di somme dovute con cadenza periodica [3].


L’interruzione dei termini di prescrizione

Equitalia può interrompere il decorso del termine di prescrizione notificando al contribuente uno dei seguenti atti con raccomandata a.r. o con Posta certificata (la posta semplice invece non è sufficiente a interrompere la prescrizione, mancando ad Equitalia la prova del ricevimento):

– la medesima cartella di pagamento

– un’intimazione di pagamento

– l’atto di pignoramento

– il preavviso di iscrizione di fermo del veicolo o di ipoteca sull’immobile: sul punto non vi è uniformità di vedute; il nostro personale convincimento, tuttavia, è che il preavviso di fermo/ipoteca interrompa la prescrizione laddove contenga una precisa indicazione della causa del credito, dell’importo dovuto e intimi espressamente il pagamento.

Tali atti determinano l’interruzione della prescrizione: con la conseguenza che il termine di prescrizione inizia a decorrere nuovamente da capo dal giorno successivo alla notifica dell’atto stesso.

SCHEDA: I TERMINI DI PRESCRIZIONE DELLE CARTELLE
TIPOLOGIA DEL DEBITO
TERMINE DI PRESCRIONE
COMPETENZA
IRPEF 10 anni Commissione Tributaria
IVA 10 anni Commissione Tributaria
IRES 10 anni Commissione Tributaria
Imposta di Registro 10 anni Commissione Tributaria
Imposte ipocatastali 10 anni Commissione Tributaria
Crediti accertati con sentenza (a prescindere dalla natura del credito) 10 anni Non è più impugnabile se la sentenza è divenuta definitiva
Canone RAI 10 anni Commissione Tributaria
Diritti CCIAA 10 anni Commissione Tributaria
Contributi INPS e INAIL anteriori al 1.01.2016 10 anni Tribunale ordinario sez. lavoro
Contributi INPS e INAIL successivi al 1.01.2016 5 anni Tribunale ordinario sez. lavoro
Contributi per Gestione separata 5 anni Tribunale ordinario sez. lavoro
Contributi minori 5 anni Tribunale ordinario sez. lavoro
TASI 5 anni Commissione Tributaria
TARSU 5 anni Commissione Tributaria
TARI 5 anni Commissione Tributaria
ICI 5 anni Commissione Tributaria
IMU 5 anni Commissione Tributaria
Sanzioni per multe stradali 5 anni Giudice di Pace
Sanzioni per omesso o ritardato versamento tributi 5 anni Commissione Tributaria
Altre sanzioni 5 anni Giudice di Pace
Bollo auto 3 anni Commissione Tributaria



I termini di notifica delle cartelle di pagamento

Le cartelle di pagamento relative alle somme dovute dai contribuenti per imposte sui redditi (per es. IRPEF) e IVA devono essere notificate, a pena di decadenza, nei termini esposti nella seguente tabella. La data di esecutività del ruolo e quella della sua consegna all’agente della riscossione sono privi di rilevanza per il contribuente. L’onere di provare il rispetto dei termini grava sull’Amministrazione finanziaria.

TIPO DI DEBITO
TERMINE PER LA NOTIFICA DELLA CARTELLA DI PAGAMENTO
somme dovute a seguito dell’attività di liquidazione delle dichiarazioni entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione [4]
somme dovute a seguito dell’attività di controllo formale delle dichiarazioni entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione [5]
somme dovute in base agli accertamenti dell’Ufficio entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo
somme dovute in base agli atti di recupero emessi a seguito dell’utilizzo in compensazione di crediti inesistenti entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo

Per i tributi diversi da imposte sui redditi e IVA, si applicano i termini di decadenza previsti dalle singole normative. Ad esempio per la riscossione delle imposte indirette diverse dall’IVA – imposta di registro, di successione, ipotecarie e catastali, INVIM – si applica solo il termine di prescrizione di 10 anni. Secondo parte della giurisprudenza, invece, si applica anche in questo caso il termine del 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo.
In tutti i casi, se la notifica non avviene entro i termini suddetti, l’Ufficio perde definitivamente il diritto a richiedere il pagamento dei tributi dovuti.

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