martedì 19 gennaio 2016

Banche: restituzione degli interessi anatocistici senza fare causa

Fonte: www.laleggepertutti.it





La Crif, al pari di Experian Cerved e Ctc, sono Sic, ossia Sistemi di informazione creditizia: si tratta di banche dati detenute da soggetti privati (che nulla, quindi, hanno a che fare con lo Stato) in cui confluiscono i dati relativi a esposizioni debitorie nei confronti delle banche o qualsiasi altro intermediario di credito: si pensi alle richieste di mutui, prestiti, fidi, carte di credito, ecc. Non si tratta, quindi, di una banca dati pubblica come è, invece, la Centrale rischi tenuta dalla Banca d’Italia. Nella centrale rischi di Banca d’Italia sono censiti tutti i crediti concessi sopra i 30mila euro (se in sofferenza anche i crediti inferiori a 30mila euro). Nelle Sic, invece, gli istituti finanziari possono segnalare volontariamente tutti i dati relativi ai prestiti concessi.


Tra i più famosi ci sono Crif (www.crif.it), Experian (www.experian.it), Ctc (www.ctconline.it) e Assilea (www.assilea.it), con quest’ultima, in particolare, che censisce tutti i clienti leasing delle associate.

Si potrebbe definire un vero e proprio colpo di scena la recente decisione dell’Abf, l’arbitro per le controversie tra consumatori e banche, con cui è stato ritenuto illegale, già a partire dal 1° gennaio 2014, l’anatocismo, la pratica cioè delle banche di calcolare gli interessi di mora dovuti dai clienti non solo sul capitale non restituito, ma anche sugli interessi già scaduti, in tal modo facendone lievitare gli importi. Un colpo di scena perché tale tesi era stata sino ad oggi sposata solo da alcuni Tribunali (primo tra tutti, Milano). Con la conseguenza che se il correntista avesse voluto ottenere la restituzione degli importi maggiorati, da lui corrisposti a titolo di interessi sugli interessi, avrebbe dovuto sostenere un regolare, costoso e lungo giudizio. Invece, con l’apertura anche dell’Abf a tale orientamento, il consumatore potrà evitare il bagno di sangue della causa e affrontare invece un procedimento sostanzialmente gratuito e immediato.

Ricordiamo che, con la legge di Stabilità 2014, è stato modificato il Testo Unico Bancario: la nuova disciplina ha stabilito il divieto assoluto di anatocismo bancario. Tuttavia, la norma – a detta di alcuni – sarebbe incompleta, necessitando del provvedimento attuativo del CICR (Comitato Interministeriale Credito e Risparmio), delibera peraltro in via di ultimazione.
Questa situazione di incertezza aveva fatto sì che alcuni giudici si schierassero per l’immediata efficacia del divieto e altri, invece, per la tesi opposta. Tant’è che proprio prima di Natale, il Tribunale di Bologna aveva optato per l’interpretazione favorevole alle banche, affermando che “stante l’ambiguità della riformulazione legislativa” è comunque corretto il comportamento dell’istituto bancario che ha conservato la previsione di clausole anatocistiche nei propri moduli contrattuali e fogli informativi, in quanto il divieto non è immediatamente operativo ma aspetta il varo delle norme attuative.
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Come al solito in Italia: città che vai, Tribunale che trovi.

Ora, però, la situazione potrebbe mutare definitivamente per via della posizione ufficiale assunta dall’Arbitro Bancario Finanziario (ABF), organo di certo non dotato della equidistanza e terzietà che, invece, di norma compete alla magistratura. E così, il consumatore potrebbe preferire il ricorso all’arbitrato piuttosto che alla normale sentenza di un tribunale, rinunciando forse a qualcosa in termini di garanzie, ma nello stesso con maggiore sicurezza in ordine ai tempi, ai costi e, oggi, anche agli esiti della decisione.

Nella decisione in commento l’Abf precisa che l’abrogazione della riserva di anatocismo si è definitivamente determinata a partire dal 1° gennaio 2014, senza bisogno di interventi del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (Cicr) e della vigilanza. E questo perché se la produzione di “interessi su interessi” non è più consentita dalla legge viene meno per ciò stesso la giustificazione del decreto destinato ad attuarla. Pertanto l’intervento del Cicr, di cui parla la norma nuova, ha solo la funzione di risolvere un semplice “problema tecnico contabile”, che deve “nel frattempo essere superato dalla prassi contabile” delle stesse imprese bancarie.

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