lunedì 27 aprile 2015

Banche: partono le azioni recuperare l’anatocismo dal 2014

Ai più sono sfuggite, forse perché in concomitanza con le festività pasquali, le due importantissime – diremmo quasi rivoluzionarie – ordinanze del Tribunale di Milano [1], secondo cui l’anatocismo praticato dalle banche sarebbe ormai completamente bandito dal nostro ordinamento dal 1° gennaio 2014, data cioè di entrata in vigore della Legge di Stabilità 2014 [2]. In effetti, benché la finanziaria dello scorso anno ne avesse subordinato la nullità all’adozione di una delibera attuativa del Cicr(il Comitato interministeriale del Credito e Risparmio), peraltro mai emanata, secondo i giudici meneghini non c’è ragione di attendere tale atto (e chissà, del resto, quanto ancora avremmo dovuto aspettare): la norma è già sufficientemente specifica nel mettere fuorilegge l’odiata pratica bancaria che, per anni, è stata causa dello svuotamento dei portafogli di numerosi clienti con un mutuo, un finanziamento, un contratto di affidamento bancario o semplicemente con il conto in rosso.


In questo modo, la sentenza ha condannato alcune banche di livello nazionale (Banca popolare di Milano, Deutsche Bank e Ing Bank) alla restituzione delle maggiori somme richieste, sino ad oggi, al proprio cliente, calcolando gli interessi non solo sul capitale, ma sul capitale maggiorato degli interessi già prodotti nel trimestre precedente.

Facciamo dunque il punto della situazione.

Il nuovo divieto introdotto dal 2014
L’anatocismo ha sempre trovato una netta e robusta opposizione dei giudici. Le banche, dal 1952 e fino all’entrata in vigore della delibera Cicr del 9 febbraio 2000, hanno previsto nei loro contratti la capitalizzazione degli interessi in modo “asimmetrico”, ossia in termini più vantaggiosi quando a riscuotere gli interessi (passivi) è la banca e meno vantaggiosi quando invece il creditore è il correntista. In particolare,

– a favore della banca, l’anatocismo veniva calcolato con decorrenzatrimestrale

– mentre quello a favore dei clienti veniva capitalizzati con decorrenza annuale.

Le banche pensavano che l’inserimento della clausola di capitalizzazione “asimmetrica” costituisse un legittimo uso, a differenza di quanto invece a più riprese ha stabilito la Cassazione.

Successivamente, la delibera Cicr del 9 febbraio 2000 ha permesso alle banche di addebitare interessi anatocistici sui conti correnti a condizione che venisse stabilita, nel contratto con il cliente, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi debitori e creditori e che le clausole relative alla capitalizzazione degli interessi venisseroapprovate per iscritto dal correntista.

Poi la rivoluzione: la legge di Stabilità del 2014 ha introdotto dal 1° gennaio dell’anno scorso il divieto di anatocismo. Allo stesso tempo, però, ha voluto rinviare la patata bollente al Cicr, lasciando che fosse quest’ultimo a stabilire modalità e criteri per la produzione degli interessi bancari.
Nell’attesa di tale delibera del Cicr, le banche – neanche a dirlo – non si sono astenute, prudenzialmente, dall’applicare l’anatocismo, ma al contrario hanno continuato (così come sempre avevano fatto) a fare incetta di interessi maggiorati “a cascata”, giustificando tale comportamento proprio per via dell’assenza della delibera in questione, in attesa quindi di “comprendere” come interpretare la nuova legge.
In verità, secondo il Tribunale di Milano non c’è proprio nulla da comprendere, perché la norma è già chiara di per sé stessa. E dunque, già dal primo gennaio 2014 e a prescindere dall’adozione della delibera del Cicr, le banche non possano calcolare gli interessi sugli interessisia per i nuovi contratti sia per quelli già in essere.

Le azioni di recupero
È chiaro che una sentenza di questo tipo farà la felicità dei correntisti, specie di quelli che attendevano un appiglio giurisprudenziale qualsiasi pur di vedere defalcate le somme ingiunte dagli istituti di credito e proporre opposizione ai decreti ingiuntivi o alle esecuzioni forzate(ricordiamo, infatti, che il mutuo stipulato davanti al notaio è già un titolo esecutivo e consente il pignoramento senza bisogno di passare da una previa causa di accertamento del credito). Richiamare un precedente di tale tenore, sempre che il giudice adito vorrà interpretare la norma nello stesso modo, potrebbe significare una vittoria notevole per i cittadini.

E difatti, senza fare previsioni troppo avventate, c’è da scommettere che questo orientamento farà fiorire un nuovo filone di cause contro le banche. Dal canto loro, gli istituti di credito fanno sapere che “questa vicenda, che interessa tutto il sistema bancario nazionale, si è verificata a causa di un assetto normativo non completo, dovuto alla perdurante assenza di regole amministrative che, secondo il Testo unico bancario, dovrebbero stabilire modalità e criteri per la produzione degli interessi nei rapporti bancari, al fine di dare certezza a clienti e operatori”.

Il rischio di aumento di costi
Intanto, il rischio è che ciò che non può entrare dalla porta, rientri dalla finestra. Pertanto, le banche potrebbero tentare di recuperare quanto dovranno restituire ai propri clienti: si parla di somme enormi che, solo per il 2014, vengono stimate in 2 miliardi. E allora non è difficile prevedere un aumento dei tassi passivi per compensare la mancata capitalizzazione.

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