venerdì 24 aprile 2015

Ue, mutui: assicurazioni vita valide solo se comprensibili

Ue, mutui: assicurazioni vita valide solo se comprensibili
News di Settore Finanza

I contratti di assicurazione sulla vita collegati ai mutui casa non devono essere soltanto grammaticalmente chiari ma devono anche essere scritti in modo che il consumatore sia in grado di capirne appieno le conseguenze. Altrimenti possono essere considerati vessatori e, di conseguenza, nulli. Lo ha stabilito la Corte di giustizia dell’Unione europea, con la sentenza Ecli:EU:c:2015:262 del 23 aprile.
Mutui e assicurazioni: la soglia di attenzione. La Corte di giustizia ha tenuto conto del fatto che, quando si firma a polizza vita legata a un mutuo per acquistare una casa, non sempre si è in grado di prestare la dovuta attenzione alle clausole e ai rischi coperti, perché si è concentrati sul finanziamento per comprare casa. Di qui la necessità per le compagnie di assicurazione di formulare in modo non solo chiaro ma anche comprensibile per i consumatori i meccanismi della polizza e le conseguenze economiche che ne derivano.


La legge. Secondo quanto stabilito dalla direttiva 93/13/Cee del 5 aprile 1993 sulle clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, le clausole contrattuali per essere vincolanti nei confronti del cliente devono essere formulate in modo chiaro e comprensibile. Altrimenti sono abusive e, come tali, non sono valide.
Il caso. La decisione ha preso spunto dal caso di un consumatore francese che nel 1998 aveva acceso due mutui ai quali era collegato un contratto assicurativo che prevedeva il pagamento del 75% delle rate dei finanziamenti in caso di inabilità totale al lavoro. A seguito di un incidente sul lavoro, l’uomo è risultato parzialmente inabile al lavoro, con un’invalidità del 72%. La compagnia ha rifiutato il rimborso del mutuo, sostenendo che “se le sue condizioni di salute non erano più compatibili con la ripresa della sua precedente professione, egli aveva la facoltà di esercitare un’attività professionale adeguata, quantomeno a tempo parziale”.
La sentenza. La Corte ha sottolineato come l’obbligo della trasparenza delle clausole contrattuali non possa essere limitato “alla comprensibilità sul piano formale e grammaticale di queste ultime”, perché nel momento in cui stipula un’assicurazione sulla vita il consumatore “si trova in una situazione di inferiorità rispetto al professionista per quanto riguarda, in particolare, il grado di informazione”. Diventa perciò essenziale che il contratto illustri in modo chiaro “il meccanismo di presa a carico delle rate dovute al mutuante nel caso di inabilità totale al lavoro del mutuatario, come pure la relazione tra tale meccanismo e quello prescritto da altre clausole, di modo che tale consumatore sia posto in grado di valutare, sul fondamento di criteri precisi e intelligibili, le conseguenze economiche che gliene derivano” e possa fare una scelta ponderata. Nel caso del consumatore francese il contratto parlava in modo generico di “riprendere una qualunque attività retribuita o meno”. Il consumatore non ha quindi “necessariamente preso coscienza della circostanza che la nozione d’inabilità totale al lavoro non corrispondeva a quella di inabilità permanente parziale ai sensi del diritto previdenziale francese”.
La Corte ha dunque demandato al tribunale nazionale la decisione sulla piena comprensibilità della clausola contrattuale per il consumatore. Sarà il giudice di rinvio a valutare definitivamente se la clausola sia da considerarsi abusiva e quindi nulla.

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