mercoledì 3 febbraio 2016

Cartelle Equitalia in originale: l’accesso agli atti originali

Fonte:  www.laleggepertutti.it


Il problema è di molti italiani: chi si vede iscrivere a ruolo, a proprio carico, debiti dei quali non ha mai avuto alcuna notizia, la prima cosa che fa è certamente chiedere a Equitalia contezza della regolare notifica di tali cartelle di pagamento. La richiesta viene fatta con una istanza di accesso agli atti amministrativi, che può essere effettuata in carta semplice e, soprattutto, senza particolari formalità. Il contribuente, in pratica, ha il diritto di prendere visione della relazione di notifica effettuata dal messo notificatore e/o della cartolina di ricevimento firmata al postino all’atto della consegna della cartella; o, in ultimo, in caso di irreperibilità del destinatario, della cartella originale depositata presso la casa comunale e della successiva comunicazione – inviata al destinatario con raccomandata a.r. – con cui lo si informa di tale adempimento (comunicazione che gli consente, così, di andare eventualmente a ritirare il plico).


Che succede se Equitalia non risponde all’istanza? Intanto non vi è dubbio – secondo i giudici – che all’Agente della riscossione, per quanto costituito in forma di società di capitali (s.p.a.), si applichino le stesse norme della pubblica amministrazione e, pertanto, deve rispondere alla richiesta di accesso agli atti. Ma il punto che si è posto innanzi ai tribunali è se Equitalia possa limitarsi a esibire il semplice estratto di ruolo o debba invece mostrare gli originali delle cartelle e/o delle ricevute di consegna.

A quanto pare non tutti i giudici sono della stessa opinione. Il Tar Lazio [1], ad esempio, sostiene che l’estratto di ruolo è più che sufficiente. Esso costituisce “una riproduzione fedele ed integrale degli elementi essenziali contenuti nella cartella esattoriale”. Il Collegio richiama una sentenza della stessa Cassazione secondo cui l’estratto di ruolo deve contenere tutti i dati essenziali per consentire al contribuente di identificare a quale pretesa dell’amministrazione esso si riferisca, consentendogli così di difendersi. L’estratto contiene – si legge nella sentenza – tutti i dati necessari ad identificare in modo inequivoco la contribuente, ovvero nominativo, codice fiscale, data di nascita e domicilio fiscale; tutti i dati indispensabili necessari per individuare la natura e l’entità delle pretese iscritte a ruolo, ovvero il numero della cartella, l’importo dovuto, l’importo già riscosso e l’importo residuo, l’aggio, la descrizione del tributo, il codice e l’anno di riferimento del tributo, l’anno di iscrizione a ruolo, la data di esecutività del ruolo, gli estremi della notifica della cartella di pagamento, l’ente creditore [2].

Equitalia quindi avrebbe adempiuto al proprio dovere inviando al contribuente solo l’estratto di ruolo.

Fortunatamente questa interpretazione non è condivisa dal Consiglio di Stato, giudice di secondo grado del contenzioso amministrativo. Secondo infatti il collegio [3], Equitalia deve conservare per almeno cinque anni (termine minimo e non massimo) la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o l’avviso di ricevimento ed ha l’obbligo di farne esibizione su richiesta del contribuente o dell’amministrazione. Secondo la sua costante giurisprudenza, il contribuente vanta un interesse concreto ed attuale a prendere visione di tutti gli atti relativi alle fasi di accertamento, riscossione e versamento, dalla cui conoscenza possano emergere vizi sostanziali procedimentali tali da palesare l’illegittimità totale o parziale della pretesa impositiva. Dunque l’accesso ai documenti non può essere soddisfatto dall’esibizione di un documento interno, quale è l’estratto di ruolo, che l’amministrazione e non il privato ricorrente giudica equipollente.

Inoltre, è bene chiarire che l’esibizione non può che riguardare i documenti in originale, atteso che il personale dipendente di Equitalia non riveste la qualifica di pubblico ufficiale e, pertanto, non ha il potere di certificare la conformità della copia all’originale.

Equitalia – conclude il consiglio di Stato – deve conservare (ed esibire) le cartelle di pagamento anche anteriori al quinquennio. Questo perché essa ha un obbligo minimo di conservazione delle cartelle per cinque anni, da intendersi come termine minimo e non massimo di conservazione delle stesse. Tanto è vero che esistono crediti erariali che si prescrivono in 10 anni e anche di essi il contribuente ha diritto a chiedere eventuale esibizione.

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